venerdì 20 luglio 2012

Viaggiare




“Benvenuti, prendete posto: di spazio ce n’è, se saprete adattarvi”.

Questo ho sempre pensato sussurrasse il mondo.
Preparato il bagaglio, tracciato l’itinerario, in mano una mappa legata al caso: si parte.
Forse faremo amicizia con suonatori di liuto, rincorreremo disegnatori di prati, seguiremo organizzatori di feste in castelli dimenticati, faremo conoscenza di vecchi massaggiatori indiani, scopriremo le carte scrutando nel nostro passato, saremo ammaliati da distanti fuochi su una spiaggia, guarderemo il sole che sorge in un lontano frammento di mondo, lasciandoci portare da un turbinio di racconti, in balia di mille pensieri incantatori…

Di “una furiosa e forse indecente sete di vivere” parlava Ivàn Karamazov.
A metà tra due mondi, il viaggiatore cerca il suo posto: uscito dal suo universo, insegue il cifrario di comprensione di un altro, attraversando il limbo scivoloso del non conosciuto: viaggia nella terra promessa per portarne le cronache a chi resta nel paese natale.
Uomo sul confine schiavo del suo binocolo, osserva di lontano…
Ma non riesce a restare a guardare: le sue forze lo spingono oltre, il suo sguardo si allarga, abbraccia l’orizzonte. Miraggi di terre sconosciute, voci di linguaggi ignoti, mondi invisibili di fronte ai suoi occhi: la realtà dell’oltreconfine si scontra con la soglia della quotidianità.
Alla ricerca dell’essenziale, si veste di uno sguardo di farfalla, impegnandosi a volare in alto. Coraggioso artefice di se stesso, crede di poter catturare i sogni.

Quando avevo diciassette anni ho comprato un quadro: monaci buddisti a piedi nudi, in cammino.
Da allora è diventato la mia metafora di vita.




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