giovedì 30 agosto 2012

...Amp



Questa sera avrei dovuto pubblicare un post che parla di templi, di risaie e bambini...
Avrei dovuto scrivere una bella pagina poetica sulla Cambogia, descrivendo luoghi che fanno sognare.
E invece parlero' di una pagina di vita, e la dedichero' ad un angelo che ho incontrato oggi.
Sono le dieci e mezza di sera, scrivo da un paesino sperduto vicino a Bangkok.
Partita dalla Cambogia alle 7 del mattino, sarei dovuta arrivare al massimo alle 8 di sera, in tempo per una importante job interview via skype.
Ebbene...
Nell'ordine ho:
-perso il telefono sul primo bus:
-cambiato sette (!!) minivan dalla cambogia fino a qui:
-trovato un incidente con un tir rovesciato per strada;
-accumulato quattro ore di ritardo;
- quasi mancato la mia job interview (per la quale ho rinunciato a tre giorni di relax su un'isola....senza internet ne' cellulare...)

Cosa e' successo allora...?
Beh, ho incontrato uno di quegli angeli che aspettano a bordo strada, che non parlano la tua lingua ma capiscono col cuore, che non hanno bisogno della tua carta d'identita' per darti fiducia, che guardano la tua tristezza e capiscono il tuo dolore.
E fanno di tutto per venirti incontro.
Il mio angelo si chiama Amp, non parla inglese e non sa nemmeno come mi chiamo.
Mi ha incontrata per strada, tornando dal lavoro, mentre io camminavo, il mio megazaino sulle spalle, alla disperata ricerca di un internet caffe'. Avevo capito che a Bangkok prima di mezzanotte non sarei mai arrivata, cosi' ho chiesto di scendere, per non mandare all' aria l'interview.
Amp mi ha visto, ha cercato di capire cosa dicessi, mi ha fatto parlare al telefono con il suo ragazzo, che parla inglese. Poi mi ha portato a casa sua, mi ha dato le chiavi (!) e mi ha guidato in un fantastico internet point.
Stasera va a dormire da un'amica: a casa sua dormiro'io, una perfetta sconosciuta che lei ha accolto e portato con se'.
Non sono riuscita a dire nient'altro che un Thank you commosso...

venerdì 24 agosto 2012

Phnom Penh


Phnom Penh, Museo Tuol Seng


Parlare di Phnom Penh è difficile: ci si ritrova con un sapore amaro in bocca, risucchiati da una memoria inevitabile, sommersi da un futuro di sviluppo insaziabile e incontrollato. Suv, bmw, ristoranti radical chic e negozi bio-etici , strade larghe e centri commerciali, palazzi reali e mercati, Lucky supermarket e Happy Herb pizza.
Disorientati, a domandarsi in quale parte sperduta di mondo ci si ritrovi.
Ci pensano il museo Tuol Seng e il campo della morte di Choeng Ek a farci far mente locale.
17 aprile 1975: i Kmher rossi entrano a Phnom Penh: tre anni di potere, più di due milioni di morti.
“Sono legalmente responsabile della morte di oltre mille persone e prego per le loro anime”. Si legge nella testimonianza di un gerarca della Kampuchea Democratica.
Memoria e rinascita, brividi di freddo, campi abbandonati ad anime senza pace…
Bere il calice amaro del ricordo, mandandolo giù con Angor Beer, ascoltando distratti una canzone dei Coldplay. A guardare sullo sfondo una città senza capirla, senza individuarne i confini di senso, domandandosi se si sia inginocchiata al capitalismo o se nasconda la sua vera natura ricacciandola in strette viuzze, annegandola in fogne a cielo aperto, dimenticandola tra vestiti alla moda e mixed fruit shakes.
Domani si parte: destinazione Siem Reap, per ammirare i sorrisi enigmatici delle statue dei templi di Angkor.

lunedì 20 agosto 2012

Ricordando Saigon

                         Delta del Mekong, Vietnam



Ore 5.25.
Sorge il sole sulla costa del Vietnam, mentre in mototaxi sfreccio verso l’aeroporto di Danang.

Cosa cercare nell’ odierna Ho Chi Minh City?
Per quanto mi riguarda, solo ricordi.
Memorie dell’epoca coloniale nascoste tra palazzi, chiese, larghi viali alberati; ricordi di un passato vicino che brucia in brandelli di guerra, in mezzo al traffico, ai capannelli di gente, tra le file di motorini impazziti.
E il silenzio: colpevole, empatico, rassegnato, immobile, negli occhi dei visitatori del Museo della Guerra. Torture, diossina, napalm, agenti chimici, malformazioni. Passano, le parole di dichiarazioni di principi e di Carte di diritti obliati. Passano, scorrono via lontano, cadute vuote nei secoli, riflesse negli orrori di guerre odierne, così simili a foto di quarant’anni fa.
Le ferite restano, in un gioco di sguardi senza parole.
Impareremo, un giorno.




                                  Chau Doc, Vietnam


Intanto, ci lasciamo rassicurare dall’altra faccia di questa terra, dal verde incontaminato dei campi sul delta del Mekong, da un cielo azzurro di luce. Nuvole bianche tra mercati galleggianti, giardini tropicali e giacinti d’acqua. Risaie, barche, banani e bambini, ponti di legno sospesi: in motorino tra campi di loto, galli da combattimento e pastori di papere.
Si chiudono, gli occhi, sulla cima di una montagna, accoccolati in un’amaca, di fronte al tramonto. 
E una campana suona, lontana.




                                         Chau Doc, Vietnam

Convalido l'iscrizione a Paperblog sotto lo pseudonimo di nataliapazzaglia

giovedì 16 agosto 2012

Odore di zenzero


                                                                                     Hoi An,Vietnam


Odore di zenzero e pesce fresco, tra bancarelle di lichi, avocado e dragon fruit. Negozi per turisti, magliette, segnalibri e sacchi a pelo. Triangolari cappelli di paglia, verdure colorate, anziane signore sorridenti: un caleidoscopio di richieste insistenti.“Come, look for a scarf” “Do you want a foot massage?”, “Italy, football!”.
E poi una strada laterale, svicolare in un altro mondo.
Fermarsi, osservare la vita che scorre sul fiume, seduti su panchetti di plastica a sorseggiare un che[1], rendendosi conto che non serve correre per capire, e che certe cose si afferrano solo quando ci si ferma.

Come descrivere Hoi An?
Una carezza di vento caldo, luci soffuse di candele a filo d’acqua, colori di musiche a bordo strada.   
Non si può descrivere la magia di lanterne rosse, di lampade colorate agli alberi, la poesia di aquiloni su un ponte cinese.
Una magia per turisti, forse…Ma pur sempre magia.

Stasera ho detto una preghiera al fiume. Anzi tre.
Una vecchietta mi ha guardata, mi ha osservata parlare all’acqua scura, e mi dato tre lanterne colorate, che ho lasciato andare via lontano.
Un ponte senza parole tra le nostre due vite distanti.


[1] Specie di gelato con latte di cocco, jellies, green beans e frutta

sabato 11 agosto 2012

Arrivederci Cat Ba





Piove, piove, piove sulla baia.
E per varie ragioni anche dentro di me.
Sprezzanti goccioline rapide, odore di pesce, raffiche intermittenti, vento caldo, cielo a macchie di nuvole nere. Barche nel porto, piccole luci, si allontanano lentamente.
Due giorni in mare, anche per noi, sotto la pioggia.
Mi torna in mente il motto norvegese “non esiste il cattivo tempo, ma solo abiti non adatti”.
Peccato che stavolta non ci ho proprio azzeccato: infradito, due magliette e un costume: lo zaino vero lasciato ad Hanoi.
“Più leggeri si va, più lontano si riesce ad arrivare”, mi ero detta. Vero, tranne questa volta. Per fortuna i tre ragazzi hawaiani in barca con me mi prestano un k-way, vero salvavita in questi giorni di monsoni. Una piccola barca rossa appena uscita da un libro di fiabe per bambini, un timoniere e un nostromo vietnamiti che non parlano inglese, ma che si dimostreranno cuochi eccellenti. L’avventura nella baia può cominciare.
Isole, isole, isole, come stelle cadenti nell’acqua scura del Golfo del Tonkino.
Inaspettate visite a grotte sotterranee, da scoprire assieme a gruppi di cinesi e thailandesi urlanti, al ritmo della musica pop dei banchetti di souvenir per turisti, alla ricerca della foto più stravagante tra segnali di stop cestini della spazzatura (solitamente introvabili) a forma di delfini e pinguini. E poi nuotate in baie nascoste, incontri ravvicinati con trasparenti meduse, docce mattutine con acqua piovana, precari giri in canoa tra casette colorate, cani da guardia e ponti di bambù.
Un lembo di cielo azzurro, poi il sole che spunta quando stiamo per tornare al porto: un ultimo viaggio in un paesaggio intessuto di poesia.
Campi verdissimi, barche colorate, isole sperdute, acqua ora turchese: arrivederci Cat Ba…
Torneremo.





mercoledì 8 agosto 2012

Luang Prabang; candele, tuniche e oro di draghi


Le nove e mezza di sera: è notte.
La città si prepara al riposo: qui la vita si srotola con altri tempi, altri ritmi, un’altra consistenza. Piccole candele illuminano giardini e fanno compagnia ai Buddha custodi di templi, i volti persi in un etereo sorriso, lo sguardo sfuggito aldilà.
Pure luci dorate rischiarano preghiere dei monaci: testa rasata, d’arancione vestiti, i loro sguardi parlano…
Bambini, imparano l’inglese; adolescenti fumano, al riparo di sguardi indiscreti; anziani lavorano, ridono, scherzano, si arrabbiano, di fronte alle onnipresenti macchine fotografiche di turisti stupiti.
Pregano, in silenzio, davanti ad alte statua di Buddha.
Camminano, a piedi nudi, tranquilli per le strade.
Offrono e accettano offerte prima dell’alba, in una processione per le vie della città.
Tre tuniche, tre ceste per le offerte, una cintura, un rasoio, uno stuzzicadenti, un ombrello: ai monaci Theravada non è concesso nulla di più.





E poi caffè e Lao Beer, crêpes e pancakes, laundry service e wi-fi, cani guardiani e bar con live music. Ecoguide multitasking organizzano trekking, Kayaking, massaggi e aromaterapia, corsi di cucina e passeggiate a dorso di elefanti: l’altra faccia della medaglia di una città di templi, monaci e e montagne.
..



E’ notte: la pioggia è già passata, poesia melanconica in una città ammaliata dal passato e carica di magia che il presente non ha ancora rubato: è quasi luna piena.
La pioggia si mischia, battente, al suono dei gong, confondendosi col sole, che spunta in lontananza.
Candele, tuniche e oro di draghi…



domenica 5 agosto 2012

Pensieri volanti, tra autobus e battelli


           Chaing Rai, Thailandia


Si aspetta, su questo autobus: partirà quando sarà pieno. A bordo tante donne, ragazzine che rientrano da scuola, signore con le buste della spesa e un anziano con un cappello verde militare con una stella rossa e la scritta Vietnam, un pacchetto di banane fritte in mano.
Le donne parlano, lasciano le loro buste di plastica sul bus e continuano a fare la spesa nell’attesa. Si passano foglietti, incomprensibili biglietti da visita: immagino uno scambio di consigli su parrucchieri e negozi di Pad Thai: giochi di sguardi, sorrisi, pochi gesti universali.
Si torna all’essenziale nel vagoncino di questo bus senza porta.
Prima di partire un inchino alla statua del re, che ci guarda di fronte al mercato: Tutti pronti…Si va.

Dalla Thailandia al Laos: slow boat da Huay Xai a Luang Prabang, in barca sul Mekong con italiani, spagnoli, hawaiani…
Acqua, vento, sole: tante ore insieme, e ci si ritrova a parlare di Dio, in mezzo al nulla tornano in mente le cose che contano.
Un piccolo villaggio dove fermarsi per la notte: la barca per Luang Prabang attracca ogni sera.
Ha portato internet, cappuccini, miniconfezioni di shampoo e tanti ostelli che si contendono i turisti in arrivo. Poco distante dal porto restano, però, case di legno, giardini con fiori mai visti, galli che danno il buongiorno, una foresta rigogliosa che osserva, quieta, le brune acque del Mekong: sarà una bella giornata domani…




Laos, Mekong River

venerdì 3 agosto 2012

Indocina: istruzioni per l’uso…


                                                                         Chiang Mai, Thailandia



  • Poncho, antizanzare e ombrello: tre armi di battaglia contro i monsoni estivi.
  • Imparare a non stupirsi vedendo un 7 Eleven aperto 24 ore accanto ad un ambulante ottantenne che vende lichi per strada
  • Ricordarsi la differenza tra “Kra” e “Ka”[1], onde evitare pericolose arrabbiature con i thailandesi e la conseguente, definitiva perdita del loro proverbiale sorriso
  •  Dire addio ai pisolini sugli autobus: ci penseranno le buche della strada e l’onnipresente musica a tutto volume a disturbare i vostri sonni
  • Rivalutare le potenzialità di un inchino e di un sorriso a mani giunte, soluzioni efficaci per ogni tipo di problema;
  • Fare l’abitudine ai monaci Buddhisti: avvolti nelle loro tuniche arancioni, li vedrete passeggiare, pregare, vangare, leggere, parlare al telefono, inveire contro i cani…fumare al riparo dagli occhi indiscreti!
  • Massima flessibilità sulle toilette: si va da bagni alla turca da film degli orrori agli “high international standard toilet”, con voce registrata che ringrazia per l’uso
  • Maledicendosi per aver dimenticato la crema solare, restare a bocca aperta davanti agli scaffali di creme sbiancanti….E capire che la bellezza è davvero un concetto relativo
  • All’ ennesimo ritardo o alla decima fermata su un tragitto da 15 km “sorridete, sorridete…E abbiate pazienza…”

Benvenuti nel Sud Est Asiatico…



[1] Rispettivamente pronomi maschili e femminili