giovedì 25 ottobre 2012

Casa


                                                                                Viterbo, Villa Lante

La mia casa sarà sempre “dentro”?
Mi seguirà dovunque io vada?
O mi sveglierò un giorno scoprendo di essermela lasciata dietro le spalle, e di sentirne terribilmente la mancanza?

Qualche giorno fa ho vagato per Roma, come ai vecchi tempi, che tanto vecchi non sono ma sembrano lontani anni luce. Le strade che si svegliano attorno al corso, l’odore intenso dei cornetti caldi, il traffico delle ore di punta ancora lontano. Il silenzio fecondo di una vecchia biblioteca,il sole caldo delle ottobrate romane, la felicità di ritornare in un posto caro.
Adoro questa città.
La sento mia come un rifugio, come un porto sicuro dove tornare la sera, quando fa notte presto e senti tanto freddo. La sento mia come la mia isola nella corrente, per tutte le volte che l’ho osservata sorridendo aldilà del Tevere. La sento mia come un sentiero segreto tra biblioteche, pasticcerie e gelaterie, che tante volte mi han consolata dopo un esame andato male o con più gioia dopo la fine di una sessione.
Ci torno sapendo che la troverò cambiata: saranno cambiati i negozi del centro, H&M, Zara e Gap a rimpiazzare Onyx e le Gallerie San Carlo, che nutrivano i miei desideri di adolescente. Ma quest’aria no, immutata resterà quest’accoglienza soffusa per i vicoletti, tra chiese custodi di Caravaggi e angeliche Biblioteche.
L’ho salutata sorridendo, guardandola fissa attraverso l’acqua di una fontana. Senza voler partire, ma sapendo che ogni volta tornare significherà ritrovare casa.

giovedì 18 ottobre 2012

Guardare aldilà


                                                  Lago di Bolsena


Guardare aldilà

Sembra strano ritrovarsi sempre con le stesse domande: a chiedersi cosa sia la gioia, cosa renda la vita piena, inseguendo una normalità che non esiste e scoprendo la felicità dietro l’angolo.
A domandarsi se le emozioni abbiano un senso, se i segni, del caso o del destino, siano da evitare o da analizzare, a chiedersi cosa fare con persone che attraggono da morire, ma che già a pelle sono presagio di guai.
Controllare la posta cercando risposte che non arrivano, facendo segnali di fumo al cielo perché qualcuno risponda, perché non ci sia illusi, o delusi, semplicemente.
Cosa ci rende vulnerabili di fronte alle persone?
Cosa ci rende fragili di fronte agli eventi?
Cosa scalfisce la nostra finta forza seminascosta?

Negli ultimi giorni mi hanno colpito tre frasi, tutte dette da persone che mi conoscono bene.
La prima parla di affetti, e del rendersi conto di essere vulnerabili.
Vulnerabili perché si ama, perché si vuole bene a qualcuno. E si capisce, d’improvviso (ma del resto, sotto sotto lo si è sempre saputo) che non si è mai invincibili se ci si lascia amare e se si accetta di amare.
 Si diventa dipendenti, e forse più fragili, perché in balia dell’altro.
Più fragili, e per questo più umani…
E per questo ancor, più bisognosi (o meritevoli) d’amore.

La seconda frase aleggiava nell’aria da un po’. Me l’ha detta qualcuno che non si accontenta di osservare la superficie, ma vuole scrutare in profondità, senza pretese di verità ma cercando l’assoluto (e forse l’unica vera felicità possibile) dentro di sé.
Parla di cose importanti, o che credevamo importanti.
E di ciò che si perde, o che lasciamo si perda, lungo la via, quando abbandoniamo il cammino della ricerca di ciò che “sembrava importante”.

L’ultima frase non è una frase, piuttosto un augurio.
Me l’ha detta una vecchia signora a me cara: mi ha augurato di essere buona, e di perdonare, perché qualcuno, lassù, vede nel segreto…E ci ricompenserà.





sabato 13 ottobre 2012

Itaca


                                 
       Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Kostantino Kavafis


ps. Grazie a chi mi ha fatto dono di questa dedica, affidandola ad un libro a me caro...


domenica 7 ottobre 2012

Ristoro per le vostre anime


“E troverete ristoro per le vostre anime”.
Ieri c’era un sole caldo, senza una nuvola, degno delle migliori giornate di agosto.
Ma come le migliori giornate di ottobre c’era silenzio, un silenzio fragile e fecondo, dove “cadono tutte le parole”[1], rotto solo da poche conversazioni distanti.
Ieri avevo un sacco di programmi e cose da fare.
Come al solito, ho acceso il computer e ho cominciato a lavorare.
Come al solito, per un attimo ho guardato dalla finestra, lasciandomi catturare dal mondo aldilà.
Come al solito, mi sono innervosita per i documenti che non arrivano e le scadenze che cambiano.

“Dimenticherai desideri poco importanti che coltivi da molto tempo e ne passeranno in primo piano altri che sono rimasti sullo sfondo ma sono molto più essenziali per la tua felicità”[2].
Ho letto nel mio oroscopo.
Allora, per una volta, ho mollato tutto...


                                   Lago di Bolsena

Quasi addormentata, dopo una nuotata al lago, a pancia in giù su un telo umido, mi sono lasciata asciugare dal sole pomeridiano, che non scotta ma riscalda, mentre il rumore dell’acqua cullava pensieri prima di trasformarli in brandelli di sogni.
E capito che ho tutto il necessario per essere felice.





[1]José Saramago, “Di questo mondo e degli altri”

giovedì 4 ottobre 2012

A rivedere le rose...


                                                                Bolsena-Orvieto...Al confine.


“Va a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo".

E il Piccolo Principe si alzò, si fermò in un campo, si sedette al sole, e pensò a cosa rendesse la sua rosa così importante. E forse anche lui pensò alla felicità, alla felicità che sfugge e ai sentimenti che rimangono, alla comprensione delle cose e all’ ignoranza nella conoscenza degli altri. Ciò che si è e ciò che si fa, prendendo decisioni, scegliendo direzioni, giocandosi il tempo.
Carpe diem.
Ogni volta che si incontra un amico, ogni volta che si spalancano gli occhi di fronte ad un paesaggio nuovo o ci si commuove di fronte ad uno scorcio già visto, ogni volta che si cambiano occhi, ogni volta che si assaggia qualcosa che non è mai cambiato…
Ogni volta che trovo il coraggio per tornare.
Ogni volta che trovo la forza per metter in gioco un ricordo.
La felicità: come una farfalla già passata, ma che resta.
Sto cercando di guardare più spesso il cielo, di sollevarmi un po’da terra ogni tanto.

“Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi…
Perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro, Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa"
                                                                                                         
                                                                                              -Antoine de Saint-Exupéry-
                                                                                                        Il Piccolo Principe