sabato 27 aprile 2013

Living in dc




A letto tardi, due pagine di un libro e già dormo (dove sono finiti i tempi che leggevo fino alle 2 del mattino?), in letargo fino alle 8, poi la mia preghiera quotidiana, infilati i vestiti già pronti sulla sedia (per fortuna sono ancora ordinata).  Mascara, matita, collane e bracciali: pronti, si va. La skypecall alla mamma uscendo di casa, ringraziando il Signore per aver inventato l iPad, incrociando le dita perché il bus passi in fretta. Dieci minuti di attesa, manco a dirlo, i ritardi italiani anche oltreoceano. Quindici minuti di musica, due attraversamenti pedonali correndo, la tesserina magnetica che non funziona.
 Hola, que tal?...Dovevo proprio incontrare, in palese ritardo, il lead specialist nell ascensore?
Non ho fatto colazione, ovviamente (lusso riservato al weekend): dopo le prime venti mail della giornata ho davvero bisogno di un caffè. Di corsa al bar, da Ruth, il mio angelo custode che fa un cappuccino quasi come quello di mamma. Poi di nuovo al decimo: cerchiamo di combinare qualcosa.
Altro caffè alle 11 (di lavoro, ovviamente),e due ore di progetti, contratti, chiamate in Nicaragua e Ecuador. Finalmente l una, la mia lezione di kickboxing per scacciare lo stress. Pranzo davanti al computer (ci manca solo che mi prendo un altra pausa), revisioni, report e budget.
Ho appena mandato una mail alla persona sbagliata. Ho decisamente bisogno di una vacanza.
Alle quattro ennesimo caffè: sto cercando lavoro, per chi non se ne fosse accorto. Altre tre ore al desk, alle sette gala di popular democracy.
Non ce la posso fare.
Don't give up, Nati  you have to go...Cosa non si fa per trovare un contratto. In bicicletta sulla sedici, le ballerine nella borsa, due mojito e i tacchi per parlare di democrazia diretta con perfetti sconosciuti. L'ottanta percento delle persone non ha idea del perchè sia qui. In quarantacinque minuti mi sono fatta un idea del potere del marketing e del networking negli States. Abbiamo molto da imparare.
Tempo di andare: l aperitivo con gli italiani mi aspetta. Di nuovo in bici fino a U street, lounge con musica dal vivo, e per fortuna si parla italiano. Stavolta rinuncio ai tacchi: sono troppo stanca per fare networking, un paio di conoscenze e già non ne posso più.Sto desiderando ardentemente il weekend.
Saluto con un sorriso e mi avvio a Dupont, l' ultimo appuntamento della giornata: ho bisogno di ricordare che ho degli amici veri. Son le dieci ma non siamo ancora tutti: sto cominciando ad entrare nel mood, ma la pizza alle 11 è troppo. Estoy cansadisima, queridas, me voy. 
Più di così non posso resistere, ho bisogno di dormire...
Che domani si ricomincia, ma per fortuna è quasi Wend.



lunedì 22 aprile 2013

New York

                                                                   New York, Williamsburg Bridge


Quasi maggio: un vento gelido passa irrequieto tra le maglie del ponte di Brooklyn.
New York ti prende l anima, la maltratta accogliendoti meretrice, fino a spezzarla per poi ricomporla a suo modo, frammentata in mille quartieri.

Da Brooklyn a Manhattan, sul ponte sole in faccia e musica forte, per scacciare i pensieri. Su fino alla 60th, rincorrendo Central Park, sognando a occhi chiusi, sotto un calore che ancora non c è. New york come un rifugio per senza dimora, specchiati nelle vetrine della 5th, e poi nascosti nei negozi di seconda mano di Bedford Avenue, e poi persi in un bar clandestino del Lower East Side.
Che a New York nessuno e solo, o forse, in fondo in fondo, tutti lo sono.
Immersi nei ricordi, in altre sensazioni, a parlare col passato per scoprire quanto cambiati siano i nostri occhi:  rimpianti e rimorsi, ancora una volta.

Come sei anni fa, sul Williamsburg Bridge.
Col vento freddo e il mio inseparabile ipad, ho guardato l' America e i miei nuovi orizzonti, soprattutto interiori.
Che poi, alla fin fine, ognuno si ritrova, sfuggendo il caos degli Organic shop del West Village, o tuffandosi nelle luci loud di Times Square, rincorrendo Wall Street o fermandosi nel silenzio di Staten Island.
A mani giunte, a pregare il Signore.
Ancora una volta, ricostruiremo la nostra America.





giovedì 18 aprile 2013

"who cares?" No, we can make a change happen

"What we are doing is just a drop in the ocean. But if that drop was not in the ocean, I think the ocean would be less because of that missing drop"
-Mother Theresa-


domenica 14 aprile 2013

Nel mio porto quiete

                   Washington, National Gallery of Art


Puzzle di pensieri di fronte a Monet, Seurat e ai Pre Raffaeliti, ringraziando il cielo che in queste giornate esistono i musei. Da 20 a 75 gradi fahrenheit in 3 giorni, di sera a picniquear ai cherry blossom, la notte sul dondolo in terrazzo.
Ci sarà una ragione per la quale tutti lodano il clima del bel paese.

In bici sulla sopraelevata, un padrenostro impaurita, a casa grazie ad uno sconosciuto: angeli che non abbandonano, neppure oltreoceano. Lotte contro il malocchio al bikesharing, guardando in cagnesco l americana smart e il suo ultimo dock: la prossima volta non aspetterò il verde. Asado e Pisco a Arlington, in una bella casa in mezzo alle foto di Matilde: si riposeranno mai i miei colleghi di lavoro?
Impegnarsi per il riciclaggio anche a Washington: "Solo un anello della catena"', che non scende a compromessi sui propri valori, proprio perché c e sempre chi ti ricorda che “nulla mai cambierà”.

Sto cominciando ad apprezzare le mie nottate in bianco, aiutano i pensieri.
Sono davvero pronta a cambiare il mio profilo su fb?
Quando imparerò a lasciarmi andare e divertirmi?
Ma voglio davvero solo divertirmi? E, se la risposta e no, saprò accettarne le conseguenze?

"Ti ho detto che non mi pìace la birra!"
Rimorsi o rimpianti, di fronte alle ninfee, ricordando Monet e un quadro da bambina...
E troverò anch io nel mio porto quiete.



lunedì 8 aprile 2013

Whatever happens tomorrow


                                                                                        Washington Dc


“E quando poi davanti a te si apriranno tante strade, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta.
Respira, aspetta, e aspetta ancora. E ascolta il tuo cuore,
Quando poi ti parla, alzati, e va dove lui ti porta”
                                                                                          - Susanna Tamaro-
                                                                                      Va dove ti porta il cuore

Sono fioriti i ciliegi a Washington.
E sembra essere definitivamente arrivata la primavera.
Seduta su un dondolo in terrazzo, la stessa pace inseguita in altri tempi, in altri luoghi: afferrata nella preghiera di un muezzin in un tramonto a Beirut, sfuggita nel caldo torrido della Giordania, ritrovata nei richiami lontani di una moschea di Calcutta, di fronte alla mia chiesa, lontana, dalla finestra.
E ora, qui, aspettando notizie dal cielo.

E intanto arriva, la primavera, inaspettatamente, in un soffio di fiori che richiamano frotte di gente: picnic, pallavolo, carrozzini e aquiloni di fronte al Tidal Basin, una lunga fila per i pedalò.
Non è forse questa anche casa?
Già troppo casa per non ricordarmi le belle sere di maggio, anticipate ad aprile a quanto sembra, col silenzio rotto da rumori lontani.

Ieri fuochi d’artificio, al ritmo di sacre musiche giapponesi. Per riportare la pace, insieme al sole di questo weekend di passeggiate, su una settimana intensa e difficile, più dentro che fuori.
Ho scoperto che finisce uno a zero per il mio egoismo quando fingo di voler accettare gli altri come sono, continuando a rimproverar loro le mie aspettative.
Ho tirato di nuovo i dadi in un’altra partita, anche se il risultato mi fa paura.
Ma stavolta non ho scelta.

E quasi notte...Shalom.
“Whatever happens tomorrow, pick up today”

martedì 2 aprile 2013

Oltre le nuvole


                                                              Bolsena, Italy

Pasqua.
Una chiesa aperta, vuota, buia nel suo silenzio ovattato, il verde  rumore della campagna intorno.
Come se non avessi mai smesso di ascoltare il mio cuore parlare con Dio, nella nostalgia di casa.
Un passaggio in stazione, gli amici di sempre al ritorno dai quattro capi del mondo, negli occhi cupole d oro e lezioni in college tra la nebbia, raccontando di paesaggi  latinoamericani, addolciti da dulce de leche  e Pan de queso.
Per tre giorni: mai abbastanza per ritrovarsi, sufficienti per salir in capo al monte e guardare giù, allontanando i fantasmi. 
Tra cioccolato, pastiere e pranzi di famiglia, trovando la forza per scalare la cima, per guardare l orizzonte aldilà delle nuvole. Trovando il tempo per tornare indietro, ai mesi che passano, alle conversazioni, ad ogni gesto accettato e regalato, nonòstante le distanze e gli attimi fuggenti.Trovando il coraggio per scavare in me stessa, guardando in alto come mi riesce solo nella campagna intorno a casa, o in qualche montagna sperduta dell India o nel mezzo di una risaia cambogiana.
Lontano dalle aspettative e dai desideri di DC.
Giorni fruttuosi, insomma.
Ora si torna, al lavoro, con la solita sensazione di aver cercato risposte e trovato domande, inseguito una strada e scoperto le tante deviazioni possibili.
Stanca ma felice, alla ricerca del mio pezzo mancante di puzzle, i piani B,C e D pronti da giocare, tentando di seguire i segni.

Mi han detto di chiedere, insistentemente.
E di non aver piu paura di ottenere quello che cerco.